Nella prima parte dell’articolo sul microbioma intestinale, abbiamo parlato del rapporto tra obesità e microbioma intestinale. Dopo la scoperta del microbioma, il concetto di obesità è radicalmente cambiato. Mentre, per decenni, si è detto che in un individuo con una genetica sfavorevole una ingestione di cibo sempre maggiore e una riduzione dell'attività fisica causava progressivamente un aumento del peso corporeo, queste spiegazioni fisiopatologiche tenevano conto solo del nostro genoma, contenuto nelle nostre cellule eucariotiche, senza tener conto del genoma portato in dote dal microbioma.
Il microbioma è in grado di controllare una quota che varia dal 5 al 10% di calorie che può essere assorbito o meno, a seconda del tipo di batteri che costituiscono la flora intestinale di un individuo. Questa scoperta portò i ricercatori a interessarsi al fenomeno e questo culminò con uno studio in cui il microbioma di un ceppo di topi fortemente obesi venne trapiantato in un ceppo ricevente di topi gnotobiotici, ovvero topi cresciuti in un ambiente sterile. I risultati furono stupefacenti perché lo studio dimostrò che questi topi, dopo aver ricevuto il trapianto del microbioma, iniziarono anch'essi a ingrassare, accumulando sempre più grasso viscerale rispetto al campione, a parità di dieta. Pare che tale caratteristica di accumulare più peso assorbendo quella quota di energia differibile sia dovuta al prevalere nell'intestino dei batteri del genere Firmicuti a spese dei batteri del genere Prevotella. Diversi studi hanno infatti dimostrato che quando i Firmicuti superano del 20% la quantità di Batteroidi e Prevotella aumenta la quota di kcal assorbite dalla dieta ed anche nella dieta di un bodybuilder, è decisamente importante.
L'esperimento è stato ripetuto anche con uno xenotrapianto, ossia trapiantando in topi gnotobiotici il microbioma di esseri umani obesi; puntualmente si è verificato un aumento di peso nei topi, e ciò vuol dire che l'obesità trova le sue origini non in una genetica di specie, ma addirittura interspecie, e di conseguenza il microbioma è probabilmente implicato nella genesi di queste importanti malattie metaboliche.
Articolo liberamente tratto dal libro del dottor Fabio Piccini “Alla Scoperta Del Microbioma Umano”.
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Microbioma e IBD
La salute del nostro intestino dipende dall’equilibrio tra le colonie batteriche che convivono al suo interno. Quando una causa altera le percentuali delle colonie batteriche, alcune famiglie di batteri patogeni prendono il sopravvento. Questo termine prende il nome di disbiosi, termine spesso citato quando si parla di malattie infiammatorie croniche dell intestino.
Negli ultimi 20 anni queste malattie sono aumentate a livello di prevalenza (rapporto tra il numero degli eventi rilevati in una popolazione in un dato periodo e il numero di tutti gli individui della popolazione osservata) e gli studiosi sono ormai concordi nel ritenere che un alterazione del microbioma rappresenti sia una delle cause scatenanti che un fattore di mantenimento di questo tipo di patologie. Una cosa certa è che le malattie infiammatorie intestinali si associano sempre a una diminuzione del numero e della varietà delle colonie batteriche che costituiscono la flora intestinale. Ad esempio, aumentano a dismisura alcuni sottotipi patogeni di Escherichia Coli, mentre diminuiscono le colonie di Lactobacilli e Bifidobacter.
Queste condizioni posso essere aggravate dall’uso frequente di antibiotici. Anche in questo caso i trapianti di microbioma sono risultati efficaci per arrestare la progressione della malattia.
Microbioma e sistema immunitario
Come potrebbero i microrganismi che vivono nel nostro intestino sopravvivere al nostro sistema immunitario senza comunicare con esso?
Non potrebbero evitare di essere attaccati se non fossero in grado di dimostrare alle difese dell’ospite la loro simbiosi, e quindi la loro innocuità. La flora batterica nel corso del tempo ha sviluppato un sistema di comunicazione bidirezionale nei confronti del nostro sistema immunitario. Questo è stato dimostrato anche a seguito della somministrazione di antibiotici: la flora intestinale viene compromessa e con essa anche l'immunità di tutto l'organismo.
Il fatto che un batterio venga riconosciuto come simbionte e la sua presenza tollerata nell’intestino non vuol dire che possa circolare liberamente nel sangue e negli altri organi. Per questo motivo, quando i batteri intestinali riescono ad attraversare la mucosa e arrivare nel sangue, come avviene nelle patologie da aumentata permeabilità intestinale come la celiachia, il sistema immunitario li identifica come nemici e scatena una reazione molto aggressiva, che può dare origine a malattie autoimmuni.
Dunque, per avere la massima efficienza immunitaria, il primo passo è quello di esporci il più possibile ad una grande varietà di batteri fin dai primi anni di vita;
il secondo è quello di cercare, con l’alimentazione e lo stile di vita, di mantenere il più possibile integra la flora intestinale.
Per citare alcuni esempi di come le alterazioni della flora batterica intestinale possano facilitare lo sviluppo di malattie autoimmuni, considerate la celiachia, il diabete di tipo 1, le allergie respiratorie come asma e rinite e le patologie polmonari di tipo ostruttivo. Senza dimenticare il vasto panorama delle allergie cutanee, che hanno stretti legami con la alterazione della flora batterica della pelle.
Poiché sono importanti le prime fasi della vita per costruire un microbioma sano, basterebbe operare due semplici cambienti: alimentare i bambini con una dieta più sana, ricca di vegetali e fibre, e diminuire l’uso indiscriminato di antibiotici.
Gli antibiotici
Gli antibiotici che abbiamo quotidianamente a disposizione nel nostro prontuario altro non sono che evoluzioni e perfezionamenti chimici di sostanze che gli stessi batteri producono per sbarazzarsi dei loro simili nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Sono farmaci potentissimi, una delle poche classi a nostra disposizione che non cura i sintomi ma eradica la causa di malattia e porta a remissione completa. Data questa grande potenza, è necessario maneggiarli con cautela e non farne un uso indiscriminato, come sta avvenendo nell’ultimo ventennio, in cui si usano questi farmaci in maniera errata o per curare malattie infettive di origine non batterica o per prevenire le malattie.
Sono prescritti spesso con molta leggerezza, e quando non lo sono, l’automedicazione fa il resto dei danni. Questo comportamento ha portato come conseguenza alla diffusione di nuove specie di batteri resistenti, alterazione e rallentamento della maturazione del microbioma nel bambino (gli antibiotici uccidono tutti i batteri, anche quelli buoni, e finiscono per selezionare solo i ceppi resistenti) e conseguente aumento dell’incidenza di allergie e patologie autoimmuni in età pediatrica, maggiore incidenza di sovrappeso e obesità infantile.
Malattie cardiovascolari
Ormai è scientificamente validato il legame esistente tra insulino-resistenza, malattie metaboliche, malattie cardiovascolari e alterazioni del microbioma. Questo perché all’origine di tutto c'è la cosiddetta sindrome metabolica, responsabile dello sviluppo di ipertensione, aterosclerosi e diabete, condizioni inevitabilmente associate allo sviluppo di malattie cardiovascolari.
Correggendo le alterazioni della flora batterica, come l’eccesso di batteri Firmicuti, è possibile prevenire efficacemente anche le patologie cardiovascolari. Inoltre, negli ultimi tre anni, alcuni studi hanno dimostrato il nesso di causalità tra aterosclerosi e alterazioni del microbioma, evidenziando la produzione di metaboliti che favoriscono l’aterosclerosi da parte di ceppi microbici intestinali che hanno preso il sopravvento sulla normale composizione della flora batterica. Questo sta ad indicare che, anche in presenza di una predisposizione genetica alle malattie cardiovascolari, è possibile diminuire il rischio di sviluppare effettivamente la patologia se riusciamo a mantenere una flora intestinale sfavorevole, cioè che contrasti la tendenza allo sviluppo di aterosclerosi e sindrome metabolica.
Una parte di questa prevenzione inizia già dal mantenere in buona salute il microbioma della cavità orale. Numerosi studi infatti hanno correlato la malattia parodontale con un aumento delle LDL e dei trigliceridi nel sangue.
Microbioma e cancro
Le maggiori implicazioni nelle alterazioni del microbioma che favoriscono lo sviluppo di una patologia tumorale sono state ovviamente studiate nel modello del cancro del colon-retto, in cui si è visto che esistono precise corrispondenze tra la composizione batterica dei soggetti sani rispetto a quella dei soggetti affetti da carcinoma. Numerosi studi hanno dimostrato che la presenza nel colon di elevate quantità di un batterio che si chiama Fusobacterium Nucleatum si associa allo sviluppo di cancro del colon.
Questo batterio, che è presente solo in piccole quantità delle intestino di individui sani, in genere è un componente normale della flora batterica della bocca, tipico soprattutto dei carnivori. Si è visto che questa specie batterica vive a proprio agio in prossimità del tumore, anche se ancora se ne ignora il motivo.
Un’altro stipite batterico sospettato di avere a che fare con il cancro è la Leptotrichia per quanto riguarda i tumori dell’apparato genitale femminile e buccale. Poi ormai ben consolidata è l’associazione tra i batteri del genere Campylobacter e della sottospecie Helicobacter Pylori nella genesi di tumori dello stomaco e del duodeno.
La cosa difficile però in queste associazioni è capire il nesso causale: il batterio è la causa scatenante del carcinoma o è solo l’utilizzatore finale di un ambiente alterato dal tumore? Al momento non esiste nessuno studio che confermi il nesso di causa, alcuna prova che un trapianto di determinati tipi di batteri sia in grado di determinare un tumore nel ricevente, come si è visto con l’obesità.
Esistono però prove abbastanza convincenti di come vaste alterazioni della flora batterica portino alla creazione di un ambiente “pro-oncogeno” ossia favorente la trasformazione neoplastica delle cellule. Questa è la cosidetta ipotesi dell’alpha bug, ossia alcuni batteri, agenti come soggetti alfa, favorirebbero la trasformazione della restante popolazione batterica dell’organo interessato prendendone il comando, così come il maschio alfa prende il comando sul branco asservendolo ai suoi voleri e ai suoi scopi.
Probiotici e prebiotici
Secondo la definizione dell’OMS, i probiotici sono quei microrganismi in grado di apportare benefici alla nostra salute, cioè i batteri simbionti; i prebiotici sono invece tutte quelle sostanze alimentari con non vengono assorbite dal nostro intestino e quindi sono utilizzate come nutrimento dalla nostra flora intestinale.
I probiotici in commercio sono efficaci?
In un certo senso lo sono, sopratutto in corso di terapia antibiotica o gravi disfunzioni della flora intestinale, ma siamo bene lontani dal poter replicare la vastità della nostra flora con un integratore: la maggior parte dei batteri che stanno nel nostro intestino ha bisogno di un ambiente anaerobico e quindi non si può facilmente coltivarli e renderli fruibili in un prodotto commerciale. Avete notato come ci siano più o meno gli stessi ceppi batterici in quasi tutti gli integratori?
Ecco, perché sono circa una ventina i batteri attualmente coltivabili tra quelli facenti parte della nostra flora intestinale. Quindi l’uso di probiotici può servire a qualcosa ma non può fare miracoli. Soprattutto serve se prescritto da un medico che sa valutare le eventuali disbiosi e suggerire il giusto prodotto da integrare, non come succede quasi sempre che la gente compra prodotti a caso al supermercato, provocando magari più danni che benefici.
I prebiotici sono stati studiati dagli anni 90 fino a formulare un prebiotic index che cercava di classificarli sulla base della loro capacità, una volta ingeriti, di selezionare specifiche componenti della flora batterica intestinale.
Allo stato attuale della ricerca, l’uso dei prebiotici appare più promettente di quello dei probiotici, poichè appare più credibile selezionare direttamente nell’intestino i batteri attraverso “il cibo che gli diamo da mangiare” piuttosto che sostituirli con nuove specie somministrate esogenamente.
Esempio fondamentale di prebiotici sono le fibre alimentari insolubili come quelle presenti nella cicoria, nelle banane, nei fiocchi d’avena, nei piselli, nelle lenticchie, nei fagioli, nelle cipolle, porri, asparagi, patate, broccoli. Queste si sono dimostrate più efficaci di probiotici nella normalizzazione di una flora batterica alterata sia in condizioni fisiologiche che patologiche.
Quindi l’associazione di fibra alimentare insolubile, alimenti fermentati e probiotici accuratamente selezionati dal medico in base all’alterazione del microbioma, possono essere un’abile arma per manipolare il nostro microbioma, comparabile ai trapianti microbici.
Cosa cambiare nella dieta
Giunti alla fine di questo viaggio alla scoperta dei nostri ospiti batterici, qual è il messaggio da portare a casa? Come possiamo con l’alimentazione manipolare il nostro microbioma per renderlo più performante e protettivo nei nostri confronti?
● Aumentare la quota dei batteri del genere Prevotella a scapito dei Firmicuti. Per fare questo che abitudini alimentari bisogna modificare? Prima di tutto, seguire la dieta per almeno 3 giorni di fila. Servono infatti almeno 3 giorni per reimpostare l’enterotipo.
● Nel corso di questi 3 giorni, mangiare solo alimenti ricchi di fibre vegetali insolubili ed evitare totalmente di assumere latticini e carni di qualsiasi tipo. In pratica fate i vegani per 3 giorni. Questo cambiamento ridurrà drasticamente i Firmicuti in favore dei Batteroidi.
● Cosa mangiare in questi 3 giorni? Carciofi, asparagi, cardi, finocchi, broccoli, cavoletti di Bruxelles, porri, cipolle, carote, cicoria, Platani, patate, manioca, legumi, banane, mele, prugne, fichi, kiwi, noci, mandorle, nocciole, noci brasiliane, riso, riso integrale.
● Il passo successivo ha lo scopo di stabilizzare nel tempo il cambiamento e reintrodurre piano piano nella dieta parte delle carni e dei latticini che erano stati rimossi nel corso dei primi 3 giorni cercando, di mantenere il più possibile costante la quota di fibre.
● Come fare la spesa in ottica di salvaguardia della salute del microbioma? Evitare carni di animali a cui vengono somministrati antibiotici, che indirettamente giungono a noi, magari comprando da piccoli produttori locali che macellano animali grass-fed e senza uso di antibiotici.
● Evitare le verdure pre-lavate e imbustate in quanto spesso trattate con sostanze sanitazzanti e conservanti. Non lavare troppo le verdure addirittura con soluzioni di amuchina o altri disinfettanti e cuocerle con moderazione per non denaturare troppo le fibre in essi contenute. Evitare anche di frullare per non alterare troppo la digestione della fibra in essi presente.
● Evitare l’uso di lieviti “chimici” e prediligere invece quelli di tipo naturale o “acido”, come per lo yogurt e il pane o altri prodotti della panificazione.
● Infine come ultima raccomandazione, ricordate che la quasi totalità dei batteri del nostro microbioma è ASTEMIA quindi grosse e croniche somministrazioni di alcool vanno a selezionare un microbioma caratteristico degli alcolisti, che pare predisponga all’accumulo di grasso nel fegato, noto come steatosi, causa primaria della degenerazione infiammatoria con conseguenze molto più gravi: la steato-epatite.
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Articolo a cura di Andrea Spadoni e Francesco Celso